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Una guerra di stime tra accuse e sospetti. All'origine della querelletra il governo e il presidente dell'Inps Tito Boeri c'è il caso della cosiddetta 'manina' che avrebbe inserito nella relazione tecnica, la notte prima che il provvedimento venisse inviato al Quirinale, il dato secondo cui il dl farebbe perdere 8mila posti di lavoro in un anno. Lo scontro è durissimo con il ministro dell'Interno Matteo Salvini , che aveva già attaccato Boeri per le sue dichiarazioni sui migranti, che torna a chiedere al presidente dell'Inps di fare un passo indietro, e il diretto interessato che replica accusando i suoi interlocutori di "negazionismo economico".
A far scoppiare lo scontro è stata la nota congiunta del ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio e del titolare dell'Economia Giovanni Tria, in cui il capo politico del M5S sostiene di non aver "mai accusato né il ministero dell'Economia né la Ragioneria generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità" facendo finire nel mirino l'Inps. Per il ministro dell'Economia, infatti, le stime dell'Istituto di previdenza sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto dignità sono "prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili''. Una stoccata per Boeri rilanciata su Twitter anche dal vicepremier Salvini: "Il presidente #Inps, nominato da #Renzi, continua a ripetere che la legge #Fornero non si può toccare e che gli immigrati pagano le pensioni degli italiani. Io penso che sbagli e che si dovrebbe dimettere".