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Il conto deposito è uno strumento di investimento a brevissimo termine, simile al conto corrente ma… con una grande differenza: l’unica operatività che viene ammessa è quella del deposito di denaro, remunerato a tassi superiori a quelli del conto corrente. Al di là delle operazioni di prelievo e di versamento, pertanto, non vi sono possibilità di ulteriore utilizzo del conto deposito (come, ad esempio, il pagamento mediante bancomat o assegni, e così via).
Ma come si apre un conto deposito? Quali sono i documenti che devono essere forniti?
L’apertura di un conto deposito
In linea di massima, l’apertura di un conto deposito non è dissimile a quella di un conto corrente.
Pertanto, occorrerà fornire all’istituto di credito che propone il conto deposito che ci interessa maggiormente la copia della documentazione di identità in corso di validità, come la carta di identità o il passaporto o la patente di guida, unitamente al codice fiscale e alla tessera sanitaria regionale.
L’istituto di credito potrebbe poi voler ottenere una ulteriore conferma dell’identità, attraverso la fornitura di una copia di un estratto conto o di una bolletta domestica, per ribadire la propria residenza. Naturalmente, sarà anche richiesto di firmare – cartaceamente o digitalmente – il contratto.
A quel punto, bisognerà effettuare un primo deposito di denaro all’interno del conto deposito. Generalmente viene richiesto un bonifico da parte di un conto corrente bancario che abbia la stessa intestazione del conto deposito. Solamente a questo punto l’operatività del conto deposito può iniziare ad essere pienamente fruita.
Quanto è tassato il conto deposito?
Un altro aspetto di particolare interesse sul conto deposito è certamente quello legato alla tassazione delle remunerazioni.
Ricordiamo infatti che prima del 2012 l’aliquota fiscale sugli interessi maturati sui conti di deposito era pari al 27%. In aggiunta a ciò, doveva essere corrisposta un’imposta di bollo pari a 1,81 euro ogni anno.
Dal 1 gennaio 2012, invece, l’aliquota fiscale sugli interessi è stata ridotta dal 27% al 20%, uniformandola a tutte le rendite finanziarie. Di contro, è stata introdotta un’imposta di bollo pari allo 0,1% del capitale, con un minimo di 34,20 euro e un massimo di 1.200 euro. Dal 1 gennaio 2013, quindi, l’imposta di bollo è stata innalzata allo 0,15% del capitale, con eliminazione del tetto di 1.200 euro (e mantenimento del minimo di 34,20 euro).
Infine, dal 1 gennaio 2014 l’imposta di bollo è stata innalzata allo 0,2% del capitale, con eliminazione del minimo di 34,20 euro. A conferma dell’evoluzione continua di questo tema, segnaliamo come dal 1 luglio 2014 l’aliquota di tassazione sugli interessi maturati dai conti di deposito è stata portata al 26%.
Naturalmente, gli istituti di credito possono ben scegliere di farsi carico dell’imposta di bollo, rimborsandola al cliente. Tuttavia, si noti come a partire dal 2012, con l’introduzione di un’imposta di bollo proporzionale al capitale, quasi tutte le banche, tradizionali e online, hanno smesso di offrire questa agevolazione nei confronti della propria clientela, o lo hanno atto solo per periodi di tempo promozionali.